lunedì 4 giugno 2018

Parole che feriscono. L'intervista a Ego

Perché “Volti Profondi”? Perché nelle persone che ci circondano c’è molto più di quello che immaginiamo. Ognuno ha affrontato dei demoni, e questo è il mio modo per tributare questi guerrieri e comunicare a chi ancora vivesse tali terribili esperienze che non è solo. Sprazzi di vite, sentimenti e battaglie.

Ego è molte cose: intelligente, razionale, fantasioso, orgoglioso; ma il primo aggettivo cui pensa per definirsi è “strambo”. Ed effettivamente chiunque l’abbia conosciuto non può non vedere quanto è fuori dal comune, come non mancavano di fargli notare i suoi compagni del liceo.

Ci racconta:
Essendo strambo non ero particolarmente accettato nella classe, non avevo praticamente amici. Non era semplice emarginazione, ma non so neanche se parlare di bullismo. Non lo facevano con cattiveria, lo facevano come scherzo: erano più che altro battute, e non ero l’unico. C’era anche un altro, preso di mira; ci bersagliavamo poi anche a vicenda... quando si facevano le battute su di lui rideva. Anch’io sul momento la prendevo più sul ridere, ma comunque mi facevano soffrire. Non era tanto il fatto che facessero battute su di me, era il motivo: io ero diverso. Io lo ricevevo molto peggio di quello che loro avevano intenzione di fare o di quello che facevano, in più avevo difficoltà a controbattere, per via della mia autostima che in quel periodo era bassissima. Ciò era dovuto anche ad altri problemi tipo che non andavo bene a scuola e non avevo un rapporto ottimale con la mia famiglia. Quindi ero praticamente solo e non accettato.

Quindi i tuoi compagni non sapevano neanche di farti soffrire.
Non così tanto, sì.

Cosa provavi, cosa pensavi?
Mi dicevo: “sono diverso, qual è il problema? Cioè, magari non seguo la moda, non mi importa di fare quello che viene considerato normale... chi se ne frega! Perché deve essere un problema?”. Quindi da un lato mi importava dell’opinione degli altri dato che mi faceva soffrire, ma dall'altro non abbastanza da smettere di fare le cose a modo mio. Adesso, alla fine, sono arrivato a un punto in cui non ci do importanza e basta: faccio le mie cose e me ne frego di quello che la gente pensa. Un altro cambiamento in positivo è che ho imparato a stare bene da solo; ai tempi no, e quindi stavo con loro anche se con loro non mi trovavo così bene. Se succedesse di nuovo una situazione del genere starei tranquillamente da solo.

Come ci sei arrivato?
Sono andato a sopportazione per un bel po’, e poi è stata una cosa molto graduale, non c’è stato un momento in cui mi sono detto: “Ok, da qui cambia tutto”. Ho cambiato scuola, quindi mi son tolto dall’ambiente negativo. Poi anche l’ambiente nuovo non era a maggioranza positivo, ma almeno ho incontrato una persona con cui mi trovavo relativamente bene: parlavamo di cose “da nerd”, quindi nerdeggiavo tranquillamente, e poi niente, mi sono semplicemente messo a riflettere. Pian piano mi sono auto-aumentato l’autostima, mi autocomplimentavo per cambiare la mia prospettiva. Quando vedevo qualche risultato buono mi dicevo: “Sì, sono forte, sono buono, sono fico, sono grande!”, e continuavo a pensare nella mia testa: “Sono grande, sono grande, sono grande” per pian piano portare su la mia autostima.


Ego mi spiega che il cambiare scuola è stato un caso perché con i suoi genitori già da tempo non esisteva alcun dialogo e che da loro riceveva molto poco supporto quando lo necessitava, e al contrario veniva molto criticato quando sbagliava. Una situazione che si protrae nel presente, ma per fortuna Ego ha imparato ad affrontarla, con la stessa risposta con cui ha affrontato le parole dei suoi “amici”: non dando importanza alle parole degli altri e concentrandosi su se stesso.


Con quale idea ti sei focalizzato su te stesso: quella di aiutarti o quella di migliorarti?
Entrambe, perché se miglioravo mi aiutavo. Come ho detto non m’importava così tanto dell’opinione degli altri, non tanto da cambiare. Più che altro volevo sentirmi meglio con me stesso. Era un discorso molto incentrato su di me, mi dicevo: “Così non mi va bene, io voglio migliorare, voglio essere me stesso per poter vivere meglio. Perché non mi piace la situazione in cui sono e quindi voglio cambiarla”. Probabilmente era solo voler far smettere che quelle parole mi facessero male, indipendentemente se fosse giusto che lo dicessero o no. Ovviamente poi dal punto di vista egoistico pensavo fossero sbagliate, però mi trovavo comunque a pensare: “sì, ma magari dal loro punto di vista no”. Però pian piano mi sono abituato e ho fortificato il mio carattere in generale e la parte di me che se ne frega dell’opinione degli altri - il che è una cosa molto buona -; ho imparato a stare da solo, per conto mio, senza che fosse un peso - un’altra cosa molto positiva -; e quindi questi tre anni alla fine mi hanno fortificato.

Quindi hai fatto tutto da solo.
Sì, quello è sicuro. Infatti tendenzialmente faccio molto quasi da solo perché sono abituato a fare da solo, ed è anche appunto in quei tre anni che sono stato molto per i fatti miei, a fare cose per conto mio. Mi sono concentrato molto sulla mia personalità e sulla mia individualità: facevo molta analisi di me stesso, del perché mi comportavo in quel modo, perché non facevo in un altro modo; quindi quasi sempre so perché faccio una cosa, quali sono i miei processi mentali. So analizzare tanto me stesso e anche quello che c’è intorno a me: anche questo mi ha aiutato parecchio a capire cosa volevo cambiare e come farlo.

Ogni tanto ci torni con amarezza, o vai in crisi, a causa di questa vicenda?
E’ stato un periodo non troppo felice, però ripensarci non mi manda in crisi. Mi sarebbe solo piaciuto comportarmi in maniera diversa. Comunque non ho molti dubbi, perché tutte queste cose mi hanno portato ad adesso, e adesso non ho grandi problemi con me stesso. Ne ho altri, ne ho sempre - penso che ce li abbiano tutti - però non c’entrano con loro, quelli li ho superati.

Quale consiglio daresti a coloro che devono affrontare questa esperienza?
Innanzitutto: senso dell’umorismo. Imparare a ridere di se stessi è buono. So che sembra una cosa stupida ma fa bene. Ovviamente entro certi limiti, non deve diventare un ridere per non piangere.
Poi: siate voi stessi. Se dovete cambiare dovete cambiare perché volete essere migliori, dovete cambiare per voi stessi. Se cambiate per piacere agli altri, agli altri non piacerete mai: piacerà l’idea che hanno di voi. Avrete l’illusione di piacere agli altri, ma non sarà così; quindi comportatevi come siete, e quando troverete qualcuno a cui piacete saprete di piacere loro sul serio. Inoltre così non avrete l’ansia di piacere agli altri e di dover fingere continuamente di non essere voi stessi. Cambiare per volontà propria, non per obbligo imposto da altri.
In ogni caso, usare la ragione va sempre bene, quello come pilastro fondamentale della vostra vita. Voi magari pensate, che ne so, che il socialismo sia una cosa buona, uno vi dà dei motivi per cui il socialismo è sbagliato; e voi ragionate su quello che vi hanno detto e se sono motivi razionali, giusti, oggettivi cambiate opinione. Talvolta se è giusto non è necessario cambiare, potete unire ciò che pensavate prima e ciò che vi hanno detto gli altri per migliorare le vostre idee e voi stessi. Io dato che sono un essere razionale cambio, poi voi magari preferite rimanere così e cazzi vostri. Ovviamente voi dovete piacere a voi stessi, non a me, quindi magari a me non piace che voi non cambiate, ma voi ve ne fottete lo stesso.


Sulla scia di questo enorme sprone a cambiare, gli domando cosa voglia cambiare lui della propria vita. Principalmente, mi risponde, vorrebbe iniziare a seguire le sue aspirazioni con più costanza, abbandonando quell’apatia che lo coglie quando decide di intraprendere vere azioni. Però, un po' alla volta, ci sta già lavorando, sempre nel modo estremamente razionale, ma anche estremamente sensibile, che lo contraddistingue.



Nessun commento:

Posta un commento