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mercoledì 4 luglio 2018

Un familiare in crisi. L'intervista a Robby

Volti Profondi è una serie di interviste che si prefigge di mostrare una piccola parte delle vite di ragazzi qualunque – ragazzi coraggiosi – che hanno affrontato vicende difficili. Un modo per farli sfogare, per conoscerli, per aiutare chi potrebbe trovarsi nella stessa situazione, perché vogliono essere una dimostrazione che non si è gli unici con quel problema e che se ne può uscire.
Il ragazzo dell'intervista di questo mese, Robby, è molto impegnato, generoso e affidabile; si descrive semplicemente come una persona tranquilla. Mi racconta un po' la sua vita, in cui una serie di esperienze personali lo ha condotto ad essere un po' più duro di prima. Ma, di tutti questi eventi, è uno che non lo riguarda direttamente ad aver inciso su di lui con maggiore forza: quando sua madre, convinta – a torto – di aver fatto del male a delle persone, aveva avuto un crollo nervoso. Sicuramente questo fatto ha colpito duramente Robby anche perché sono molto legati: egli stesso definisce il loro rapporto come piuttosto bello, basato sulla confidenza.

Ci racconta:
Era difficile perché non le interessava più nulla: era apatica, sorrideva soltanto per finta per rassicurare le persone intorno a lei, a volte aveva crisi di pianto improvvise… Talvolta pensarci mi teneva sveglio la notte. C'era anche gente che non era d'aiuto, né a lei, né a me di conseguenza: non la trattavano bene, quasi la prendevano in giro. E quindi è stato un periodo difficile fino a che non è andata dallo psichiatra e ha preso gli psicofarmaci.

E tu invece come hai affrontato questa esperienza?
Inizialmente non realizzai l'accaduto e non seppi come affrontare la faccenda. “Passerà”, pensai. Ma non fu così, quindi dovetti riflettere per escogitare un modo per risolvere il problema. Capii che era necessario farsi forza, un crollo nervoso mio sarebbe solo servito a peggiorare ulteriormente la situazione. Decisi di mettere da parte le emozioni e di mostrarmi freddo nelle decisioni, ma premuroso per darle dei consigli che potessero farle capire che in realtà era innocente.

Quindi ti sei tranquillizzato nel momento in cui lei è andata dallo psichiatra?
Subito no, perché bisognava vedere come reagivano le medicine, quindi gli effetti collaterali, e se le prendeva. Una volta ne prese una abbastanza potente, ed per tutta la sera rimase in una specie di stato comatoso.

Quindi non sei più preoccupato per lei, o sì?
Per questa questione fondamentalmente no, perché oramai siamo arrivati ad un punto in cui non dovrebbe esserci più quello che ha scatenato tutto: quelli che erano contro di lei le hanno dimostrato chiaramente che sono loro in torto, usando contro di lei ed altri insulti, nomacci, insinuazioni, razzismo… si sono un po' dati la zappa sui piedi, [così] mia madre adesso almeno non si sente più colpevole.

Che consiglio daresti a coloro che dovessero affrontare la situazione che hai vissuto tu?
Secondo me se si ha a che fare con una persona ad esempio depressa bisogna capirla però non assecondarla, e cercare di non perder le staffe e farsi forza. Dirsi: “Se lei cede io non devo cedere”. 
Sicuramente c'è qualche metodo ancora più efficace, ma secondo me ci sono molti più metodi per i quali uno agirebbe in modo sbagliato.
Consiglio in ogni caso di appoggiarsi ad uno specialista.

Robby lancia però anche un altro messaggio: quello di non preoccuparsi troppo di quanto pensano gli altri (un po' sulle note dell'intervista a Ego), soprattutto quando sono persone che non dovrebbero in alcun modo influenzare la nostra vita.
Quella qui raccontata è una situazione piuttosto difficile, in cui molti potranno essersi riconosciuti – genitori, figli, fratelli, amici – e che potrebbero anche aver semplicemente sfiorato senza rendersene conto. I crolli nervosi, la depressione, l'ansia non sono semplici stati d'animo, ma malattie, che perdipiù colpiscono indirettamente anche le persone che circondano coloro che ne sono stati colpiti, riempiendo le loro vite di incubi. Spesso sono periodi molto lunghi, in cui i familiari non possono che stare accanto al malato nella speranza che questo stia meglio (obiettivo generalmente raggiungibile soltanto grazie all'intervento di uno psichiatra o psicologo).
Spero che questa breve intervista possa essere stata d'aiuto a qualcuno, e voglio concludere, a mo' di esempio, elencando le piccole attività che in questo periodo tranquillizzavano Robby: videogiochi, manga e soprattutto passeggiate.




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