"Volti Profondi": per ascoltare, capire, conoscere. E magari aiutare qualcuno che possa essersi trovato nella medesima situazione.
Questo mese trattiamo un tema molto complesso. Ce lo presenta Rainbow, una ragazza che ama la vita e fa molto affinché anche gli altri la amino: per questo, spesso, offre il suo conforto a persone che neanche conosce, attraverso i canali più disparati (soprattutto via social). Si definisce come timida, ingenua, taciturna e sensibile - non a caso racconta la sua intricata storia con molta difficoltà.
Qual è stato il più grande problema che hai affrontato?
Quando ero una bambina mi è capitato più volte di essere molestata sessualmente. Si trattava di un mio parente, per cui ci capitava di ritrovarci in vacanza insieme.
All'inizio non capivo, ero soltanto... curiosa. Non mi sembrava nulla di eclatante, per me era soltanto "esplorazione"... Allo stesso tempo, però, sentivo che c'era qualcosa di sbagliato, sentivo di star commettendo un grosso errore. E il fatto che questa persona mi chiedesse di mantenere il segreto mi insospettiva. Ma per il senso di colpa e la vergogna da una parte e dall'altra il dubbio che potesse invece essere una cosa normale e innocente, non sono riuscita a raccontarlo a nessuno per molti anni.
Quanto ha inciso questa esperienza su di te?
Nel rapporto con l'altro sesso, molto. Sentivo che c'era qualcosa di sbagliato, in me, e che il mio corpo potesse essere una sorta di "moneta di scambio" - ad esempio pensavo che se non mi fossi concessa al mio primo ragazzo questo mi avrebbe lasciata. Ma allo stesso tempo avevo un blocco. Non sono riuscita a lasciarmi andare per molti anni.
In particolare ho vissuto un periodo orribile, in cui mi sentivo sporca e nessuna doccia mi lavava abbastanza e avevo il bisogno di pulire il mio letto ogni sera, prima di coricarmi. Ero irrazionalmente terrorizzata che potesse accadermi qualcosa di peggio.
Non oso immaginare - e ci ho pensato spesso - cosa possa aver provato e provare chi ha subito veri e propri stupri.
Come hai fatto a superare tutto questo?
Innanzitutto, questa persona è uscita dalla mia vita (per altri motivi): così mi è stato possibile concentrarmi su cosa provassi. Gli episodi di "manie di pulizia" sono finiti, e io sono tornata quasi alla normalità, se non per il fatto che non riuscivo a vivere appieno la mia sessualità con il mio ragazzo.
Poi, finalmente ho iniziato a parlarne. Mi sono aperta con il mio ragazzo e con i miei migliori amici: persone splendide, mi hanno confortata e mi sono state molto vicine, dicendo e chiedendo tutte le cose giuste. Mi hanno fatta sentire pulita, forte e umana.
Ho poi iniziato ad andare dallo psicologo. In realtà per altri motivi, però l'argomento è saltato fuori - non potevo non parlare anche di questo. E lui è stato fondamentale nel farmi capire che quelle cose non potevano essere fraintendibili, che era una situazione anormale e che tutto poteva collocarsi in specifici "quadrati", facendomi razionalizzare il tutto. Mi ha fatta anche lavorare su me stessa, facendomi acquisire molta autostima (di cui prima ero assai carente, cosa problematica in una situazione del genere).
Sono arrivata a capire, grazie a fidanzato e psicologo, che le azioni di questa persona erano dovute alla frustrazione della solitudine, piuttosto che a desiderio di ferire o perversione. Così ho deciso di parlare dell'accaduto anche ai miei genitori, perché credevo avrebbero potuto aiutarlo... oltre al fatto che avrebbero potuto capire certe cose che avevo fatto o detto nei suoi confronti. Avevo anche bisogno che sapessero l'accaduto, anche se non so spiegarne il motivo.
Dopo tante occasioni in cui non ero riuscita a parlarne, finalmente "confessai". Fu straziante, diversamente da quando ne avevo parlato a migliori amici e fidanzato. Ma si rifiutarono di accettare l'accaduto, insinuando che avessi interpretato male la vicenda e dissero che non vedevano il motivo per indagare sul "movente" della persona, decretando che sicuramente sarebbe stata meglio dimenticandosene. Mi dissero che l'unica cosa che potevano fare al riguardo era mandarmi da uno psicologo, e la cosa finì lì. (Curiosamente, avevo appena smesso di andarci, perché mi aveva già dato tutti gli strumenti per superare la cosa.) Non gliene parlarono, non ne parlammo neppure più insieme, come se nulla fosse.
Quel giorno capii molte cose di me, ma soprattutto sui miei, e fui molto felice di non averne parlato prima a loro.
Ti sei pentita di averglielo detto?
No. Mi sarei chiesta cosa sarebbe successo dicendoglielo. E poi l'ho fatto per me e per quella persona, quindi credo di aver fatto la cosa giusta. Senza contare che quel giorno ho capito di poter fare affidamento soprattutto su me stessa, prima che sui miei genitori. Ho capito di essere cresciuta, per quanti difetti potessi avere e per quanti errori potessi aver commesso.
Come ti senti ora?
Ora sto bene, sia in generale sia in ambito intimo. Nel pensarci, per qualche tempo, mi sentivo ancora sporca, mentre ora sono tranquilla, sono in equilibrio. Anche se parlarne mi rende molto nervosa, perché si tratta di un argomento molto privato.
Che consiglio daresti a coloro che lo devono affrontare?
Parlarne con uno psicologo. Chiunque altro (che non l'abbia vissuto - e talvolta neanche) potrebbe non capire, e sentirsi dire certe cose quando non si è ancora iniziato un percorso di cura può fare la differenza in situazioni come questa, dove le persone coinvolte sono tanto fragili. Mi rendo conto che se avessi sentito le parole dei miei genitori quando ero più piccola e non cosciente della situazione oggi forse non avrei affrontato questo demone, sarebbe ancora dentro di me a distruggermi. Ma parlarne è fondamentale, quindi se conoscete qualcuno che potrebbe capirvi (mantenendo il vostro segreto, chiaramente) consiglio di aprirsi, senza pensare di poter essere giudicati. C'è sempre qualcuno disposto ad aiutare senza alcun secondo fine, l'importante sta nel trovarlo.
A chi è capitato vorrei dire che non devono sentirsi in colpa, perché non è successo a causa loro. Assolutamente. Purtroppo è una cosa che può succedere, a chiunque, e averlo subìto non deve togliere nulla alla persona: ha già tolto abbastanza alla serenità. E devono sapere che dopo di questo può esistere una vita normale, senza incubi notturni e problemi a relazionarsi. Non devono avere paura del futuro, perché esiste e sarà migliore.
Cosa immagini del tuo futuro?
Spero di avere una casa mia al più presto, con il ragazzo che amo. Sono stata fortunata ad avere lui, che mi ha sostenuta in ogni situazione pur senza nascondermi dove sbagliavo. Invece non sostengo più di vivere con i miei (naturalmente non è stata l'unica incomprensione, anche se ha cambiato completamente il modo in cui mi rapporto con loro). Desidero una vita normale, con un lavoro qualsiasi, basta che sia tranquillo, una casa intima, magari in campagna.
Se avrò figli, mi impegnerò al massimo affinché possano contare su di me in qualunque situazione. Voglio essere la madre migliore del mondo, lotterò con i denti e con i corsi per poterlo essere. Non potrò evitare che venga fatto loro del male, ma potrò essere al loro fianco quando avranno bisogno di rialzarsi.
Una storia straziante con un lieto fine.
Rainbow ci lascia con il suo motto:
"La vita è un'enorme tela:
rovescia su di essa tutti i colori che puoi."
- Danny Kaye
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