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giovedì 21 giugno 2018

Appar(ten)enza

Qualche anno fa, a quest'ora, mi diplomavo. Vi presento dunque, per tale occasione, la mia tesina del liceo.




Ho scelto questo sfondo per tre motivi.
Primo, il cuore è da sempre simbolo di ciò che sta dentro di noi, che è quello che io ritengo più importante; ed è alla luce di questo che ho deciso di affrontare questo argomento, quello della apparenza come elemento che stabilisce la nostra appartenenza ad un gruppo, in quanto siamo definiti per quello che sembriamo.
Secondo, è proprio da una parte anatomica che comincia il libro che ha condotto il mio ragionamento, anche se una parte esteriore, proprio come quelle da cui si giudica normalmente. - Che è quella da cui si dovrebbe partire, come suggerisce anche Oliviero Toscani con uno dei suoi provocatori scatti...
Campagna pubblicitaria anti-razzismo di Oliviero Toscani (per la United Colors of Benetton).
Terzo, ha dato forma al mio percorso tematico, che parte dai due temi centrali di "Uno Nessuno Centomila" (l'incidenza che il giudizio altrui ha su di noi e l'ermeneutica), per poi riunirsi nell'opera e nel simile autore Unamuno, e dispiegarsi in esempi quali l'escluso di Mary Shelley, la volontà di conformarsi che spinge all'anoressia, la strumentalizzazione di questa tendenza praticata dai totalitarismi.


«L’Enfer, c’est les autres.»

La première question qui se posent trois personnes qui ne se connaissent pas mais qui se trouvent dans la même salle est: "Où sommes-nous?"
Ils savent seulement qu'ils sont morts, mais ils ne veulent quand-même l'admettre. Lorsqu'ils sont en train de parler, ils font un parcours de connaissance qui lui porte a découvrir deux vérités.
Premièrement, ils apprennent que ils ont tous commis des péchés: Inès a conduit l'homme de son amante au suicide, Estelle a tiré son fils par la fenêtre en le tuant, Garcin a déserté.
En deuxième lieu, ils – et en particulier Garcin – comprennent que chacun d'entre eux fera souffrir les autres: Inès est tombée amoureuse de la belle Estelle, mais Estelle ne peut pas la correspondre, comme elle veut Garcin. Garcin, de son coté, est attiré par elle, mais son premier intérêt est celui de démontrer, à ceux qui doivent le juger et à soi même aussi, qu'il n'est pas un lâche - objectif qu'il n'obtiendra jamais, parce que la seule qui comprend sa coupe, et donc la seule qui peut vraiment l'acquitter/absoudre, c'est-à-dire Inès, est trop dure pour admettre qu'il n'est pas coupable.
De cette condition de souffrance qui n'aura jamais de résolutions ils ne peuvent pas sortir, comme ils sont morts: rien qui appartient au monde des vivants peut avoir aucun rapport avec eux, et donc ils ne peuvent pas vraiment sortir de la chambre, même si la porte est ouverte. C'est la raison pour laquelle Garcin peut établir qu'ils se trouvent à l'Enfer: ils sont morts, et eux-mêmes ils sont la punition pour ce qu'ils ont fait, et cette punition est infinie comme ils existent n'importe quoi ils puissent faire.

C'è poi un'altra teoria, che sotto il nome di ermeneutica si è sviluppata sin dall'antichità in riferimento alle leggi ed ai testi teologici: la impossibilità di stabilire significati univoci a causa della soggettività dell'interpretazione. Questa ottenne grande riscontro a partire dal 1883, quando venne pubblicato "Così Parlò Zarathustra" dove un nuovo profeta dichiara: "Dio è morto", da cui consegue l’inesistenza di canoni superiori ed inconfutabili (dogmatici) ovvero l’ermeneutica moderna, in cui tutto è soggetto ad interpretazione. Ne è un esempio la genealogia della morale dove emerge quanto i valori siano stabiliti ed imposti dal gruppo dominante – la relatività di questi valori secondo Nietzsche si rispecchia nel contrasto morale Cristiana-morale illuminista: nel primo caso si tratta di una morale imposta da Dio, nel secondo imposta dalla ragione.
Altro risvolto dell'ermeneutica moderna è dato da Heidegger, il quale teorizza che già il linguaggio insegnato all’individuo ne condiziona la comprensione. Filosofo dell'ermeneutica per eccellenza è però Gadamer, che nel suo scritto "Verità e Metodo" del 1960 analizza i metodi delle interpretazioni per chiarirne le possibilità giungendo ad una conclusione: la verità è la "fusione di orizzonti". Vede quindi in chiave positiva l'incontro fra due interpretazioni differenti, in quanto a suo parere arricchiscono entrambi gli interlocutori, che hanno visioni diverse poiché hanno "linee orientative provvisorie" (ovvero conoscenze a priori) differenti.


«Mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, [...]
cioè vedevano in me ciascuno un Moscarda [...],
tanti Moscarda quanti essi erano, e tutti più reali di me
che non avevo per me stesso, ripeto, nessuna realtà.»

Ma se la verità sta nel compromesso, e questo riguarda tutto quindi anche le persone, alla fine chi finiamo per essere? E' questa l'origine della crisi dell'individuo che si sente frammentato con il delinearsi del ventesimo secolo. E' di questo che tratta Pirandello in "Uno Nessuno e Centomila" (1926): ogni individuo cerca di costruire se stesso, in quanto è personalizzando che l'uomo comprende ciò che lo circonda, ma è solo una mera illusione perché non soltanto in realtà gli altri ci vedono in maniera differente, ma anche noi stessi non abbiamo una chiara immagine di chi siamo in quanto mutiamo continuamente. Questa è l'influenza di Binet: l'individuo non è una personalità unica, ma è come un ciclo continuo che non rimane mai uguale a se stesso. In questo periodo d'altronde ha un enorme successo la teoria del tempo di Bergson, secondo la quale tutto è soggettivo.
Vitangelo realizza il contrasto fra l'idea che abbiamo di noi e quella che gli altri hanno di noi a partire dalla consapevolezza acquisita solo all'inizio del romanzo di avere il naso storto. Capisce in questo momento che tutti sentono le sue idee dando loro "il suo naso", e che nessuno lo ha mai visto come lui si vedeva. Cerca così di cogliersi come appare agli altri, ed è solo successivamente che realizza che ognuno ha una sua visione personale di lui. Per questo tenta di distruggere tutte le facce attribuitegli, attraverso delle "pazzie per forza", per poter trovare il vero se stesso, ma non riesce nel suo intento poiché pur mutando le centomila forme rimane centomila, sia per la forza delle idee che gli altri si sono fatti di lui, sia perché in realtà un vero "lui" non esiste, per cui è impossibile che venga colto, anche da lui stesso.


En este tema también se inserta Unamuno, el filósofo de la generación de 98: él afirma - como Pirandello - que en todos los hombres la personalidad no es única, sino "un flujo vivo de contradicciones" y entonces hay una crisis de identidad individual que induje cadauno a una búsqueda de si mismo y de vitalismo. Pero este tentativa de "serse" no puede que quedarse incumplida, como la realidad y la verdad no existen: nunca se puede estar seguros de lo que sabemos, y entonces somos todos atrapados en el sentimiento trágico de la vida. (Por esto Unamuno rechaza el racionalismo que tanto succeso tiene a la época.)
El escape para los dos autores es el humorísmo, est
údio destacado y un poco amargo de lo que los rodea, y es encarnado muy bien por el personaje de Cervantes, don Quijote, más vivo que su autor porque personaje de ficción, y entonces inmortal.
Unamuno mísmo, cuando descubre la existencia de tan símil autor – gracias a la difusión de la traducción en italiano de "Niebla", en 1922 – quiere analizar las analog
ías, en un artículo publicado en "La Nación" en 1923, "Pirandello Y Yo"; el filósofo ententa explicar la razón de esta similitud de dos autores que nunca se habían conocido: él habla de un "yo trascendente", o "yo histórico", cuyas características son reveladas por parte de los acotecimientos históricos.

«En lo poco que hasta ahora conozco del escritor siciliano, he visto como en un espejo,
muchos de mis propios más íntimos procederse y más de una vez me he dicho leyéndole:
“¡ Lo mismo habría dicho yo!”
Y estoy casi seguro de que así como yo nada conocía de Pirandello,
él, Pirandello no conocía lo mío.»


La società, che tende ad ammassarsi, ha dunque un ruolo cruciale nel definire le caratteristiche di un individuo, che se rimane differente viene isolato: ne è un esempio l’artista nel quadro "Sera sulla via Karl Johan" del 1892, che appare come una macchia scura sullo sfondo, lontano dalla massa spersonalizzata e conformata resa attraverso visi tutti uguali e la uniformità del colore scuro. Questo dipinto che denuncia l’alienazione della fine del diciannovesimo secolo rappresenta in particolare la borghesia, indifferente e disumanizzata.


"Sera sulla via Karl Johan" ("Aften på Karl Johan"), Edvard Munch. 1892


Altri esempi di massificazione - appar(ten)enza - si possono trovare nei seguenti argomenti.


«My sufferings were augmented also by
the oppressive sense of the injustice and ingratitude of their infliction.
My daily vows rose for revenge-a deep and deadly revenge,
such as would alone compensate for the outrages and anguish I had endured.»

The Monster made by Frankenstein is good. He wants to be loved, or at least accepted, but he can't because the others are too superficial to see beyond his bad appearance. He's big and deformed, yellow-skinned, he's got black lips and watery eyes, and this is why people escapes from him right away, even his creator: Frankenstein just rushes away, the inhabitants of the village where the Monster goes are suddenly afraid and throw sharp objects to him. He must hide to get cultivated but this isn't enough: people don't care about his inner being, they just see his surface: even when he saves a girl from drowning he’s suspected of having a by-end. In fact the only one who listens to him, and accepts him, is a blind man. Anyway, in the end he stays alone – the only one who could understand him, his companion, has been killed by Frankenstein before being brought to life. This treatment, this continuous rejection is the element which makes him turn into bad. By retaliating he becomes what the others expected him to be.


«Sul cartellone c'è la foto di una donna.
O, almeno, di una creatura di sesso femminile,
a giudicare dalle due piccole sacche di pelle rugosa che pendono al posto dei seni.
Sì, perché di fronte all'obiettivo c'è una creatura completamente nuda.
Seduta su uno sfondo grigio sfumato, una gamba allungata
e l'altra leggermente piegata in modo che solo il pube sfugga allo sguardo.
Le ossa, in compenso, si vedono bene.
Mi fa vergognare questa foto. Perché è la mia foto.»

L'Anoressia Nervosa è una delle più diffuse (o almeno delle più discusse) forme di DPA, Disturbi Alimentari Psicogeni, ovvero problemi nutrizionali dovuti a riflessi psicologici di varia natura, con origini non del tutto chiarite ma comprendenti certamente fattori sociali come l'imitazione di modelli proposti, facilmente seguiti dalle adolescenti – le più colpite dalla malattia – le quali hanno bisogno di sicurezze e punti di riferimento e non sono ancora formate. Alcune case di moda non hanno però alcun interesse a contrastare questa piaga che colpisce il mondo industrializzato: si continua infatti ad ergere a simboli della femminilità donne magrissime, talvolta modificate in foto – e quindi irrealizzabili – o malate. Sono stati individuati e monitorati oltre 150 siti che promuovono quella che viene amichevolmente chiamata "Ana", l'"ideale" di bellezza che porta con sé consigli su come dimagrire il più possibile e anche contatori di calorie interattivi. Ma per fortuna vi sono organizzazioni che contrastano quest'avanzata, cui aderisce lo stesso Vogue sul quale compare l'articolo che fornisce questi dati. Fra questi s'inserisce anche Isabelle Caro, la famosa modella che morì nel 2010 di questa malattia che l'aveva colpita sin dall'inizio della pubertà, per, come scrive lei, il desiderio inconscio di piacere alla madre.


«Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto,
ma l'individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione,
fra vero e falso non esiste più.»

I totalitarismi non sarebbero nati senza l'aiuto delle masse, manipolate dal potere: vennero sfruttati odii storici per dare una identità comune e una valvola di sfogo alla popolazione per mezzo di un tipo del tutto nuovo di emarginazione, che è l'antisemitismo del Novecento, differente secondo Arendt dai precedenti perché di carattere politico, economico e sociale. Gli Ebrei s'inserivano perfettamente nel progetto di controllo nazista:
- erano diversi, ai margini della società, e possedevano disponibilità economica nella crisi, per cui potevano facilmente attrarre l'odio della cosiddetta "plebe", quella classe esclusa dalla società che a causa della sua propensione all'essere manipolata ideologicamente aveva già avuto il potere di far affermare l'imperialismo;
- in quanto auto-esclusosi dalla società, gli Ebrei poterono anche essere fatti apparire come un corpo politico a sé stante, potenzialmente pericoloso. Ne è un esempio il caso Dreyfus, che dal 1894 aveva diviso la Francia in due in quanto influenzata da una falsificazione di documenti che indicavano la volontà degli Ebrei di fare un colpo di Stato.
Tutto questo si mascherò dietro il conformismo giungendo al rifiuto biologico della "razza": gli stessi Ebrei, in quanto disinteressati dall'ambito politico, ne scambiarono gli effetti per puro riflesso dell'odio nei loro confronti.
Ha permesso che ciò fosse possibile anche il fatto che i diritti universali proclamati dopo la prima guerra mondiale non venissero effettivamente applicati a tutti indiscriminatamente, ma ne venissero esclusi tutti quelli che Arendt definisce "apolidi", che non erano inseriti in una realtà politica, tra cui, per l'appunto, gli Ebrei, i quali non avevano un vero e proprio Stato pur essendo una nazione.
Questo è quanto afferma Arendt nella sua opera "Le origini del totalitarismo" (1951), dove analizza gli elementi del nazismo, ovvero i problemi preesistenti che ne hanno influenzato l'esito. Questi elementi sono l'antisemitismo, il decadimento dello stato nazionale, il razzismo, l'espansionismo fine a sé stesso e l'alleanza fra il capitale e le masse, e dietro ognuno di esso vi sono ulteriori elementi, "problemi irreali ed irrisolti".


«Se non vivessimo in una società, non sapremmo quanto siamo imperfetti.
Se fossimo soli non sapremmo che cosa ci manca, non saremmo coscienti dei nostri difetti,
perché potremmo plasmare tutto ciò che ci circonda su di noi, inventare tutto nella creazione di un mondo nostro.
Potremmo basare il mondo su noi, e non essere plasmati da esso.
E... Difetti? Chi lo stabilisce?
E’ il vivere in una società che ci rende inadeguati, l'elemento delle nostre vite che fa sì che dobbiamo in qualche modo cambiare per inserirci, per essere compresi e sentirci migliori, e più completi.
Dobbiamo conformarci, fuori e in qualche modo anche dentro, per poter essere accettati da tutti gli altri, per essere “normali”

~ Sear Greyson


«Io sono per la chirurgia etica:
bisogna rifarsi il senno.»
~ Alessandro Bergonzoni



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