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venerdì 25 agosto 2017

Inventiamo favole e fiabe per i modi di dire 1

C'era una volta un re, uomo molto ricco, che aveva 1000 castelli, 10000 ville, 5000 piscine, 80 cani, 60 gatti, 40 tartarughe, 20 criceti, 20 maialini d’India, 20 pesci rossi, 15 pappagalli, e ancora uccellini tropicali, volpi, oche, maiali, mucche, asini, iguane, e persino ermellini, ornitorinchi, e cerbiatti, rinoceronti, giraffe, zebre (per non parlare dei serpenti velenosi, iene, sciacalli, tigri, leoni che si teneva, a seconda dell’umore, in casa a fargli compagnia; così loro, docili docili, morsicavano ogni tanto qualche suddito poco gradito). Possedeva anche quadri famosissimi, vasi pregiati, libri e manoscritti antichi, e molte altre cose, ma in particolare una candela molto bella a cui tutti ambivano perché era d’oro massiccio.

Un giorno in cui il re era particolarmente buono, però, decise che l’avrebbe messa in palio per chiunque l’avesse battuto a scacchi - però dovevano portare qualcosa in cambio, per, cioè, se avessero perso. I suoi sudditi, allora, o almeno quelli che sapevano giocare a scacchi (cioè quelli ricchi) dapprima reclamarono, perché sapevano che il re era imbattibile a scacchi siccome vi si esercitava ogni giorno e già aveva una dote particolare per quel gioco, ma poi accettarono di sfidarlo e, il giorno stabilito, andarono nel castello del re appositamente adibito ripassando le regole del gioco e pregando o litigando con gli altri per il nervosismo. Tutti però si guardavano intorno invidiando la ricchezza del re, e mangiando con lo sguardo la candela che stava su un cuscino in una teca ben in vista. Il re, intanto, si godeva lo spettacolo ed accarezzava il suo cobra lungo 8 metri. Quando si annoiò, diede inizio al “combattimento”, posando il suo cobra in un largo cesto decorato e scrocchiandosi le dita, pronto a sfidare con le sue pedine d’avorio il primo pazzo. Lo affrontarono in molti, dopo che questo si fu fatto avanti, e tutti persero; il re ci guadagnò centinaia di animali sfruttabili in pelli e latte e altro, alcuni soprammobili di grande valore e libri, poesie originali di autori importanti, attrezzature per scrivere, un’armatura e molto altro ancora. Si stava facendo buio e gli sfidanti ormai scarseggiavano, sia perché alcuni si erano dati alla fuga sia perché il re ne aveva sfidati proprio tanti. «Si faccia avanti l’ultimo» decise il re, e tra i quattro rimanenti, tre erano ben poco convinti ma uno si fece avanti: «Io sono il Conte delle Terre Mai Esistite, Barone dei Campi Che Non Hanno Nome, Marchese dei Luoghi Lontani, Principe del Regno Molto Strano Che Più Strano Non Si Può, il Re del Reame Poco Serio e la sfido mettendo in palio le mie terre!». Il re, un po’ perplesso (e sbalordito da come avesse potuto ricordare tutti quei titoli), non avendolo mai sentito nominare, non esitò e, senza parlare, lo invitò a sedersi e a prendere i pezzi bianchi. Molto buono.

Be’, quel Conte-Barone-Marchese-Principe-Re era anche un grande lottatore, scrittore, poeta; era spiritoso, romantico, gentile, alto, snello e soprattutto sportivo; eccelleva nel cavalcare, nel giocare a badminton e… negli scacchi. Infatti vinse e si guadagnò la candela, lasciando il re con una espressione vinta e con alquanta depressione nel cuore, ma facendogli capire che era stato sin troppo presuntuoso. Essendo sportivo il Conte-Barone ecc. ecc. strinse subito la mano all’avversario vinto, dicendogli, guardando la metà sala colma dei premi vinti: «Ammettiamolo, il gioco valeva la candela».


Scritta il 1° aprile 2008 (avevo 13 anni). E' che proprio non mi sapevo spiegare il senso di questo detto.
Anche su wattpad: https://www.wattpad.com/460817708-soffi-di-favole-inventiamo-favole-e-fiabe-per-i.




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