C'era una volta un re, uomo molto ricco, che aveva 1000 castelli,
10000 ville, 5000 piscine, 80 cani, 60 gatti, 40 tartarughe, 20
criceti, 20 maialini d’India, 20 pesci rossi, 15 pappagalli, e
ancora uccellini tropicali, volpi, oche, maiali, mucche, asini,
iguane, e persino ermellini, ornitorinchi, e cerbiatti, rinoceronti,
giraffe, zebre (per non parlare dei serpenti velenosi, iene,
sciacalli, tigri, leoni che si teneva, a seconda dell’umore, in
casa a fargli compagnia; così loro, docili docili, morsicavano ogni
tanto qualche suddito poco gradito). Possedeva anche quadri
famosissimi, vasi pregiati, libri e manoscritti antichi, e molte
altre cose, ma in particolare una candela molto bella a cui tutti
ambivano perché era d’oro massiccio.
Un giorno in cui il re era
particolarmente buono, però, decise che l’avrebbe messa in palio
per chiunque l’avesse battuto a scacchi - però dovevano portare
qualcosa in cambio, per, cioè, se avessero perso. I suoi sudditi,
allora, o almeno quelli che sapevano giocare a scacchi (cioè quelli
ricchi) dapprima reclamarono, perché sapevano che il re era
imbattibile a scacchi siccome vi si esercitava ogni giorno e già
aveva una dote particolare per quel gioco, ma poi accettarono di
sfidarlo e, il giorno stabilito, andarono nel castello del re
appositamente adibito ripassando le regole del gioco e pregando o
litigando con gli altri per il nervosismo. Tutti però si guardavano
intorno invidiando la ricchezza del re, e mangiando con lo sguardo la
candela che stava su un cuscino in una teca ben in vista. Il re,
intanto, si godeva lo spettacolo ed accarezzava il suo cobra lungo 8
metri. Quando si annoiò, diede inizio al “combattimento”,
posando il suo cobra in un largo cesto decorato e scrocchiandosi le
dita, pronto a sfidare con le sue pedine d’avorio il primo pazzo.
Lo affrontarono in molti, dopo che questo si fu fatto avanti, e tutti
persero; il re ci guadagnò centinaia di animali sfruttabili
in pelli e latte e altro, alcuni soprammobili di grande valore e
libri, poesie originali di autori importanti, attrezzature per
scrivere, un’armatura e molto altro ancora. Si stava facendo buio e
gli sfidanti ormai scarseggiavano, sia perché alcuni si erano dati
alla fuga sia perché il re ne aveva sfidati proprio tanti. «Si
faccia avanti l’ultimo» decise il re, e tra i quattro rimanenti,
tre erano ben poco convinti ma uno si fece avanti: «Io sono il
Conte delle Terre Mai Esistite, Barone dei Campi Che Non Hanno Nome,
Marchese dei Luoghi Lontani, Principe del Regno Molto Strano Che Più
Strano Non Si Può, il Re del Reame Poco Serio e la sfido mettendo in
palio le mie terre!». Il re, un po’ perplesso (e sbalordito da
come avesse potuto ricordare tutti quei titoli), non avendolo mai
sentito nominare, non esitò e, senza parlare, lo invitò a sedersi e
a prendere i pezzi bianchi. Molto buono.
Be’, quel
Conte-Barone-Marchese-Principe-Re era anche un grande lottatore,
scrittore, poeta; era spiritoso, romantico, gentile, alto, snello e
soprattutto sportivo; eccelleva nel cavalcare, nel giocare a
badminton e… negli scacchi. Infatti vinse e si guadagnò la
candela, lasciando il re con una espressione vinta e con alquanta
depressione nel cuore, ma facendogli capire che era stato sin troppo
presuntuoso. Essendo sportivo il Conte-Barone ecc. ecc. strinse
subito la mano all’avversario vinto, dicendogli, guardando la metà
sala colma dei premi vinti: «Ammettiamolo, il
gioco valeva la candela».
Scritta il 1° aprile 2008 (avevo 13 anni). E' che proprio non mi sapevo spiegare il senso di questo detto.
Anche su wattpad: https://www.wattpad.com/460817708-soffi-di-favole-inventiamo-favole-e-fiabe-per-i.
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